SCRITTO DA DANIELE CASETTA IL 16 NOVEMBRE 2018
Oggigiorno non esiste locale che non proponga a chi esce dall’ufficio una breve pausa, a base di sfiziosi stuzzichini e cocktail esotici. Parole come happy hour, aperitivo, apericena sono termini che ormai fanno parte del vocabolario comune, e anche di usi e costumi cittadini.
Pochi sanno tuttavia che le origini di questo pasto “fuori pasto” sono molto meno modaiole, e vanno ricercate nella cultura contadina piemontese.
L’aperitivo piemontese, detto merenda sinòira, era in origine uno spuntino sostanzioso che si svolgeva nel tardo pomeriggio, intorno alle 17-18, o comunque prima dell’ora della sina, la cena. I contadini al lavoro nei campi, specialmente nelle giornate estive più lunghe, necessitavano infatti di una dose supplementare di energie per poter lavorare fino al calare del sole.
Si consumavano cibi semplici, facili da trasportare e consumare in piedi, o magari seduti tra i filari durante la vendemmia.
Nessun canapè quindi, o tartina con il salmone affumicato, ma semplice pane casereccio, accompagnato da quello che la dispensa offriva. Salame, formaggio, peperoni arrostiti, frittata con erbe di campo, oppure la tipica sòma d’aj: aglio fresco strofinato sul pane raffermo e un filo di olio d’oliva dalla vicina Liguria, un piatto poverissimo, ma nutriente.
La merenda sinòira prevedeva inoltre del vino rosso, di produzione artigianale e rustica, ben diverso dai grandi vini rossi che Roero e Langhe sanno offrire. Nelle zone rurali infatti era necessario fare economia delle risorse disponibili, e delle ricchezze che la terra offriva periodicamente, tra cui l’uva.
Il vino della merenda, o meglio la bevanda a base d’uva, la Pichèta, era ottenuta facendo rifermentare i graspi esausti con acqua e grappoli di San Martino, piccoli grappoli che crescono nella parte superiore della pianta e non vengono raccolti durante la vendemmia. Nel mese di novembre i grappolini raggiungono una maturità sufficiente per essere raccolti, e ottenere così una bevanda leggermente alcolica e colorata, capace di scaldare il fisico nelle ultime ore di lavoro della giornata.
Questo pasto tradizionale continua a vivere nelle vecchie generazioni di contadini che abitano e lavorano il territorio tuttora, ma inizia anche a essere proposto nei locali piemontesi, seppur in chiave rivisitata.
Il gusto contadino diventa gourmet, con alcuni ingredienti più lussuosi come il tartufo, e anche la Pichèta viene sostituita con vini che rispecchiano le eccellenze del Piemonte.
Non resta dunque che provare l’aperitivo tipico piemontese, magari abbinandoci un Nebbiolo d’Alba DOC, ma spumantizzato rosé, una bollicina inaspettata e particolare, perfetto connubio tra tradizionalità e innovazione.
Vi aspettiamo per viverlo attraverso l’esperienza di una visita alla nostra Cantina.
Un’ora e 30 minuti in nostra compagnia, comprensivi di passeggiata in vigna, visita in Cantina, degustazione di 3 vini a scelta, grissini, salame al costo di 10 euro a persona (15 euro a persona con l’aggiunta di prodotti stagionali).
La prenotazione è gradita e migliora l’accoglienza (lingue parlate: inglese e francese).
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